"Cercando Alaska" di John Green - Alice Croce

"Cercando Alaska" è uno dei libri più famosi di John Green, nonché uno dei miei libri preferiti. È una storia coinvolgente e profonda, dove si mettono in discussione tutte le sicurezze dell'uomo.
Il protagonista principale del libro è Miles, detto Ciccio, un giovane ragazzo in cerca del suo "Grande Forse" e per questo diretto a Culver Creek, una scuola prestigiosa dove incontrerà Alaska Young, una ragazza ribelle con tanti ideali. Lei diventerà tutto quello che Miles cercava nella vita; qualcuno che lo completasse e fosse talmente indispensabile da valere la pena di respirare ancora.
Qui troverà anche persone che gli staranno accanto per tutto il suo percorso come Il Colonnello, il suo compagno di stanza. Grazie a loro, il protagonista troverà se stesso e con esso il dolore e la voglia di vivere.
Il libro è diviso in due parti, che simboleggiano il "Prima" e il "Dopo". Ognuno di noi ha vissuto qualcosa che l'ha cambiato profondamente, a tal punto da dividere i nostri giorni in un "Prima dell'avvenimento" e "Dopo". Perché quando soffriamo, non siamo più gli stessi e abbandoniamo quello che eravamo per convivere con il dolore. È quello che succede a Miles, quando Alaska muore in un incidente stradale. Alaska era rimasta inchiodata nel "suo labirinto" e dopo anni che usava questa metafora per rappresentare la sua esistenza, era uscita; era riuscita a sfuggire al suo presente ma non da quello delle persone che l'amavano così com'era. E Miles l'amava veramente, nonostante quell'ultimo bacio che ora aveva un sapore di addio; nonostante la mancanza di una relazione vera e propria.
Uno degli argomenti principali del racconto è la morte e con essa il dolore. Il "labirinto" in cui era inchiodata Alaska non era la vita o la morte ma bensì il dolore. Lei che era perennemente tormentata dai suoi fantasmi e che non riusciva a perdonare se stessa per il suo passato. La sua scomparsa ha smosso qualcosa dentro il protagonista che non si capacita del fatto che, quella bellissima ragazza che tanto sognava di diventare grande come il continente da cui prendeva il nome, non ci fosse più. "L'uomo non riesce a sopportare l'idea che la morte sia nero e immenso nulla, il pensiero che i suoi cari non esistano più, e tanto meno può immaginare se stesso come non esistente". Eppure la sua scomparsa era proprio così: un accaduto che piano piano sarebbe caduto nel vuoto più totale, in quell'immenso nulla. Miles e Il Colonnello subiscono gli effetti collaterali della perdita, consapevoli di aver perso quella persona per sempre senza un ritorno. Non ci sarebbe stata una prossima puntata e non ci sarebbe stata più lei.
Il libro si aggrappa ai ricordi, alla voglia di non dimenticare che quella persona c'è stata, che forse è ancora tra noi in chissà quale sembianza. Alaska aveva cambiato tutto e tutti per poi andarsene. Se n'era andata con il Grande Forse di Ciccio, ormai privo di un forse e prigioniero del suo maledetto labirinto.
Tutti cercano di legare un gesto a un ricordo, e per Alaska fu uno scherzo in suo onore. Anche se un giorno nessuno si ricorderà della mia esistenza o di quella di chiunque altro, i ricordi e i gesti, anche se distruttibili, ci aiutano a farci sentire meglio ed a renderci conto che siamo ancora vivi dopo tanto tempo, che possiamo ancora trovare il nostro Grande Forse come Miles. Alla fine del libro, Miles scrive un tema in cui parla del suo labirinto e dell'amore per Alaska Young, "il suo imperfetto prossimo, con tutto il suo imperfetto cuore". Lei, come molti di noi, è precipitata in un enigma, che era lei stessa. Uno dei lati che mi affascinano di più in questa storia è la concezione del paradiso e dell'inferno come un conforto per il sofferente, ed è un pensiero che condivido pienamente. Pensare che quella persona sia comunque in qualche posto forse più bello, ci fa sentire meno abbandonati. Reputo oltretutto che l'idea del Grande Forse sia alla base dell'esistenza di ognuno. Tutti noi cerchiamo qualcosa di importante, che ci travolga a tal punto da portare via un pezzo di noi stessi. E nonostante il dolore, la ricerca continua perché molte volte quell'ostinazione di incontrare la nostra "Svolta", ci salva dall'oblio.
Adoro questo libro perché è profondo e tratta argomenti tipici della nostra età, come l'allontanamento e l'indipendenza. Ma è soprattutto un racconto realistico, che narra una realtà cruda ma estremamente vera in cui ognuno di noi si può immedesimare.

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